Come sopravvivere allo sviluppo di S. Latouche
Ci sono parole dolci, parole che rinfrancano il cuore e parole che feriscono.
Ci sono parole che mettono un popolo in fermento e sconvolgono il mondo.
E poi ci sono le parole-veleno, parole che si infiltrano nel sangue come una droga, pervertono il desiderio e oscurano il giudizio.
Sviluppo è una di queste parole tossiche.
Il problema con il concetto di sviluppo è che si tratta di una parola plastica nel senso utilizzato dal linguista Uwe Porsken, discepolo di Ivan Illich, che parlava a sua volta di parole-ameba.
Ciò che caratterizza una parola plastica è essere appartenuta in un primo tempo al linguaggio corrente, nel quale possiede un senso chiaro e preciso (lo sviluppo di un’equazione) essere passata nella lingua colta (lo sviluppo delle specie secondo Darwin) ed essere ripresa attualmente dalla lingua dei tecnocrati in un senso così estensivo da fargli perdere quasi significato, se non quello che vuol far esprimere il singolo locutore che la usa.
Quello di sviluppo è un concetto-trappola. Esso riesce in modo ammirevole a fare il lavoro di mistificazione ideologica che viene assegnato ai cani da guardia (Nizan) o agli imbiancatori dell’impero (Brecht), che è quello di creare consenso tra parti antagoniste grazie a un oscuramento del giudizio e a un’anestesia del senso critico delle vittime, mentre espressioni come accumulazione del capitale, sfruttamento della forza lavoro, imperialismo occidentale o dominio planetario, che corrispondono alla verità dello sviluppo e della mondializzazione, provocherebbero giustamente un riflesso di rifiuto da parte di coloro che si trovano dalla parte sbagliata della lotta di classe e della guerra economica mondiale.
Il capolavoro di quest’arte della mistificazione è indubbiamente lo sviluppo durevole.
Ed è proprio per questa ragione che sviluppo è un concetto perverso.
Serge Latouche Bollati Boringhieri Come sopravvivere allo sviluppo