Ten-chu di Massi e Zanchi
Un tipo umano, dominato da otto secoli da una casta di guerrieri unica al mondo, modellato dalla tradizione Shinto, affinato da un Buddhismo di espressione marziale, nobilitato da un rigido codice cavalleresco (il Bushido), unificato dall’orgoglio di discendere da un’origine divina, dimostra, ancor oggi (malgrado dolorosi cedimenti), la sua radicale diversità da ogni modello occidentale. L’antica anima bellicosa della razza Yamato non poteva scomparire d’un tratto, malgrado il contatto con i germi dissolutori dell’Occidente crepuscolare. Il problema della violenza turba le timide anime spente d’Occidente. In realtà, tra i proseliti di Ghandi in edizione per famiglie e i discepoli del Bushido (“chi non sa dare la propria vita e corre incontro alla morte non è un guerriero”) non vi sono punti di contatto: un baratro separa lo spirito dei bushi da quello dei bottegai.
Si parla, da noi, di maturità dell’uomo moderno che ha superato l’arcaico mondo di barbarie, rispettoso dell’altrui pensare ed agire, volto a costruire una società razionalmente fondata sulla libertà e sulla tolleranza. Ma nella guerra moderna, come nella vita di ogni giorno, codesta proclamata maturità si degrada, sempre più spesso, in forme altrettanto brutali di quelle passate (antiche o recenti). “Cattivi” giustamente a parte, parliamo solo dei “buoni”, dei felici abitatori del pianeta democratico. Ebbene, l’utopia del progresso morale passa per Dresda e Hiroshima fino alla guerra del Golfo.
Rinaldo Massi, Dario Zanchi TEN-CHU!
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