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La lotta delle razze di L. Gumplowicz

La lotta delle razze di L. Gumplowicz

Ludwig Gumplowicz è un autore troppo poco noto al pubblico italiano, nonostante la sua lettura risulti fondamentale per interpretare ancora oggi i rivolgimenti della società, ed è ora doveroso dedicargli del tempo. Chi avrà la cura di leggere questo “La lotta delle razze” edito da AGA editrice, si renderà subito conto che non si tratta di un libro facile e soprattutto per cervelli pigri e infiacchiti. Antropologia, sociologia e etnosociologia (disciplina che proprio a lui deve tale nome) non possono prescindere dalla sua opera. Nello specifico del testo in questione, il grande ruolo del “conflitto” come necessità per lo sviluppo sociale e culturale dei popoli – tema presente anche in altre opere tradotte in italiano dello stesso autore – si innesta con il tema affascinante del poligenismo, scontrandosi frontalmente con le teorie ora imperanti che mirano alla formazione/esaltazione dell’uomo massa/indifferenziato. Da qui uno splendido passaggio sulla molteplicità originaria delle lingue e dei culti, in una prospettiva fatta con accuratezza e con rigore scientifico tipica dei suoi tempi. Gumplowicz ha metodo e capacità di analisi ma soprattutto ha avuto coraggio poiché ancora oggi sconta la sua ridotta diffusione, per essersi schierato apertamente contro il clima culturale positivista e liberal-borghese, terreno culturale di nascita della sociologia europea. Ancora oggi qualcuno non gli perdona la lesa maestà. La sua chiara esposizione della innegabilità sia del conflitto che dei processi etnici e del singenismo, come sentimento di appartenenza aldilà e ben oltre gli aspetti meramente biologici, fanno di questo libro una “fatica necessaria” da affrontare. La spiegazione dello scontro tra le razze come necessità di sviluppo e la ferma opposizione alle tesi ora in voga della globalizzazione, cioè quelli di imporre un’unica lingua, un’unica cultura, un’unica religione, fanno di lui un autore molto più attuale di tanti tutt’ora in vita. Infine voglio sottolineare come Gumplowicz sia stato sicuramente letto e ben compreso ad esempio da Giorgio Locchi, in particolare sulla “libera volontà” come motore della storia dell’uomo. Tale storia non è predeterminata ma è una continua origine.

Se Dugin e Locchi hanno studiato Gumplowicz ci sarà un perché, o no?

Volete qualche altro motivo ancora?

Buona lettura.

Author: identita e territorio