Ditirambi di Dioniso e poesie postume di F. Nietzsche
“Uomini e fiumi grandi seguono strade contorte. Contorte ma portano al loro scopo: questo è il loro coraggio migliore, essi non temono le vie contorte”. Fino al 1884, i versi di Nietzsche erano un gioco a se, che rompeva la fissità della riflessione, con i primi grandi ditirambi, inizialmente inclusi nello Zarathustra, la poesia si rivela a Nietzsche in violenza oracolare, confluendovi insegnamenti che squarciano il tessuto paradossalmente pedagogico di quell’opera. Colpisce in essi innanzitutto la novità letteraria, che nella poesia tedesca dell’Ottocento ha un solo precedente negli ultimi Inni di Hölderlin. La parola di Nietzsche è già la parola di chi è e allo stesso tempo supera il moderno, sospesa nel vuoto, esplorazione delle forme; e insieme è antichissima, parola che sembra riemergere da una lunga marea, sì che giustamente, sulla soglia del silenzio, Nietzsche raccoglierà queste liriche sotto il titolo Ditirambi di Dioniso e le copierà con cura nei primi giorni del 1889. Un segno è comune a tutte: il segno della parola frammentaria ed enigmatica, capace di traversare i registri ritenuti più incompatibili prima della sua apparizione; basti pensare al mirabile ditirambo Tra figlie del deserto, che include in tutto la tremenda profezia: «Il deserto cresce: guai a chi rinchiude deserti!».
Ditirambi di Dioniso e poesie postume
Adelphi