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Dissociamoci dai dissociati

Dissociamoci dai dissociati

Ammetto che il titolo di questo scritto non è granché. Non ho mai brillato in fantasia e non ho alcuna predisposizione artistica. Spero solo che alla fine si comprenda il senso di tutto ciò. Il problema è che mi sono stufato di chi si dissocia. E’ divenuta una moda ormai. C’è chi dissocia per tutto, perché c’è chi urla e così non è carino, chi lancia mortaretti ed è pericoloso, chi è inelegante o semplicemente non la pensa come me. E’ tutto un gran dissociarsi. Non è poi così difficile da pensare che a furia di dissociarsi finiremo tutti dissociati o almeno, la gran parte. Ed è questo miei cari, il vero obiettivo della società liberal-globalista che stiamo vivendo. Renderci individui estranei al proprio ambiente e alla società, e soprattutto privati della propria identità. Tale processo avanza sempre più a passi spediti e alla fine di questo tragico gioco dell’oca vi è l’atomizzazione. La solitudine più pura. Tale pericolo però non lo stiamo correndo tutti allo stesso livello. Come si diceva tempo fa con un caro amico e consimile, “pensano di aver distrutto tutte le Comunità, ma noi siamo ancora qua”. Le “Comunità di destino” potrebbero avere gli anticorpi per resistere – ormai non facciamo che utilizzare questo frasario sanitario – ma è bene non fidarsi troppo, e nutrirsi opportunamente e allenarsi a resistere e a cavalcare questa degenerazione. Ora assistiamo ad un tragico spettacolo, dove i protagonisti sono – loro malgrado – chi fino a pochissimi anni addietro era placidamente immerso nella finta opulenza del globalismo e della società consumistica, e ora si trova ad avere i morsi della “nuova normalità” dietro ai reni. Obnubilati da una assurda fede in un fantomatico progresso senza fine, ripetuto a profusione da tutti i Media di regime. Costoro nonostante tutto, non comprendono che il processo che li ha colpiti è frutto della dissociazione, dell’auto isolamento, del rifiuto delle radici e dell’aver pensato anche per un solo secondo di poter fare a meno della Comunità. Ora, me la prendo con i dipendenti delle Poste, poi con il vicino che ha visite in casa, e infine con la coppia che osa andare a correre in spiaggia. Prendere le distanze, avercela su con qualcuno tranne che con se stessi. Ma allo stesso tempo voglia che un altro “qualcuno” gli risolva i problemi annonari. Magari gli stessi che quei problemi li hanno creati e che governano i processi degenerativi di cui sopra. Le vittime sono sole e vogliono ancora più solitudine. Ora però basta dissociarsi, è venuto il momento di aggregarsi. Per fare ciò è necessario riscoprire chi è il proprio consimile, ma per questo bisogna scavare dentro di se e trovare il proprio dasein. Dopo di che,farsi cardini di una nuova aggregazione comunitaria. Ciò deve avvenire non per uno stato di necessità, ma per Volontà e per spirito di Giustizia. Quella Giustizia che è ancestrale e non stabilita dai boiardi di un sistema fallito e putrescente.

Emanuele Campilongo

Author: identita e territorio